mercoledì 21 gennaio 2009

Questioni di ... Buffet!

Nella mia atipica e spesso confusa ensistenza di donna moderna ho avuto modo di guardarmi spesso intorno. Inizialmente credevo fosse la curiosità, e forse lo era per davvero ma fino ai 19 anni, poi ho capito che il mio motore (e quello dell'80% dell'umanità) era il bisogno di trovare risposteche mi rendessero la vita più sopportabile.
Essendo originaria di un piccolo comune d'Italia, una delle domande cruciali è stata: "Fighi si nasce o si diventa?" (versione rivisitata in chiave urban-modern-street-bullista-murales-tronistica-griffata-house, in poche parole idiota del classico DE CURTISsiano "Signori si nasce..."). Dove trovare risposta? Mi sono messa a frequentare eventi, teatri, locali, ecc dove si concentra la società da copertina. Nonostante la preparazione per le occasioni fosse più che accurata (trucco, parrucco e abbigliamento alla moda), ogni volta che mi torvavo tra ragazze griffatissime e signore impellicciate, sentivo di avere qualcosa fuori posto. In certi ambienti tutti conoscono tutti e se non sei introdotto vieni osservato con titubanza anche dal cameriere. Tale atteggiamento scatena una reazione incontrollabile che oscilla da un eccesso all'altro: o la tua autostima diventa come quella di un cocainomane e inizi a comportarti come il nuovo Obama de NO ARTRI; o al contrario vieni preso dalla sindrome di Calimero con un attacco di permalosità acuta. Comunque vada è imbarazzante. Il desiderio di fuga si fa irrefrenabile, poi però ho capito che bisogna resistere non abbandonare il campo prima del BUFFET, perché è allora che le maschere cadono. Già, il buffet. Che sia servito e riverito o self-service il cibo fa gola a tutti e riconducendo, fighi e s-figati, alla propria natura animale (o se preferite "umana").
Il cibo GRATIS è un richiamo agli istinti più bassi, e non parlo solo di intestino. E' una questione di appropriazione, di senso del possesso, è il desiderio che annebbia il cervello e provoca forte salivazione (modello cane di Pavlov).
"Cos'è qualla roba lì?" - la sciura con il capello cotonato alla Moratti non ha nemmeno finito di parlare che di "quella roba lì" ne ha afferrati dieci con una manata. Poi chiama la figlia e i nipoti per passargli il posto. Impassibile il volto, l'atteggiamento è quello di chi "quella roba lì" ...gli spetta!

PAESE che vai, BUFFET che trovi

MILANO. E' la città dell'aperitivo, dei coctails. Qui spiluccare è uno sport. Agli eventi si incontrano due varianti di buffet. Il classico "all'italiana": prosciutto, pizzette, olive ascolane, mozzarelline, olive, rustici col wustell, tutto fritto fritto fritto; oppure quello "lounge, radical-chic: raffinate creazioni culinarie che mettono in risalto l'estro dello chef che in realtà è un architetto frustrato: mouse di zucca su un letto di cioriette valellinesi, crepe di fonduta con asparago del deserto e speck biologico a dadini, tartine con colata di ingredienti dai colori indefiniti, risottino al basilico in bicchierini di vetro da mangiare con cucchiai minuscoli di legno di bambù (che uno non li ruba solo perché non sa cosa farsene), ecc. Il tutto bagnato da fiumi di prosecco, vino, succo di frutta. A proposito del succo di frutta, è incredibile, ma pur di razzolare il possibile gli italiani davanti al buffet bevono il succo d'arancia con la pizza!
Rispetto ai venezuelani sifrini quello dei milanesi è un comportamento da gran fighi...Per intenderci:
- ho visto il cameriere con il vassoio, ma è ancora lontano;
- fingo di essere interessato a sta cozza che mi sta facendo na capa tanto, ma non perdo di vista la traiettoria del cameriere;
- se devia, mi muovo anche io. Quello deve passarmi davanti!;
- finalmente, è di fronte a me;
- mi sorride porgendomi il vassoio
- voglio 20 di quei cosi che non so cosa siano! Ma devo predere il controllo, mica so un terrone affamato, io!
- ne prendo uno quasi con l'aria di chi vorrebbe farne a meno, ma visto che c'è...;
- lo ingurgito avidamente;
- mi faccio rimbalzare in viso un'espressione soddifatta per la "raffinatezza" del bocconcino;
- appena il cameriere si volta per andar via, afferro altri 3 "cosi" e aspetto il prossimo vassoio, quando inviterò il mio interlocutore ad imitarmi con un ridicolo: provane uno, sono ssssssquisiti!

CARACAS. Noooo! I venezuelani al buffet sono protagonisti, loro il TEQUENO (leggi la N come GN) lo annusano quand'è ancora in cucina. Sanno che arriverà, è un rito irrinunciabile, e la riuscita o meno dell'evento dipende proprio da loro. Quando il tequeno fa il suo ingresso in sala, tra tette siliconate e imprenditori, è come l'entrata del gallo nel pollaio: UN'OVAZIONE! Dicesi tequeno un involtino fritto (o al forno) di pasta frolla ripieno di formaggio da immergere in una salsina agro-dolce che ricorda molto il ketchup. Per nulla sofisticato, anzi direi esteticamente mediocre e goffo. Davanti ad un vassoio di "dita farcite" i venezuelani mandano al diavolo le diete e buttano giù sti cosi uno alla volta aiutandosi con secchiate di wisky o rum.



NELL'ENTROTERRA ITALIANO. Ma allora io FIGA lo sono dalla nascita! Ora vi spiego perché. Nel mio paesino di 1000 anime il buffet ha preso piede negli anni 80, ovvero quando il magna magna politico aveva ingrassato le panze del ceto medio e tutti erano diventati più generosi. Durante le feste di partito i banchetti, straripanti di manicaretti casarecci e boccioni di vino-aceto, venivano presi d'assalto dall'entusiasmo di grandi e piccini. Oggi con la crisi le cose sono un pò diverse, i buffet sono scarsi e l'avidità è ai massimi storici, tanto che in fila per il pezzettino di rustico si sente urlare: "Piano, piano! Che maniere! E che è! Sembrano gli affamati! Uno alla volta! Che incivili!".
Come non spendere un pensiero ai buffet matrimoniali, quelli allestiti a casa dei genitori degli sposi. Quelli che si apparecchiano dalle 8 del mattino e che per portata principale hanno il panino al prosciutto o con la porchetta!
Anche nel mio paesino quando il rito del buffet ha inizio, non si guarda in faccia a nessuno, né al sindaco, neppure al prete; ognuno va per sé. Ognuno ha la sua strategia per accaparrarsi i viveri. Mia madre usa quella classica. Ad esempio, sa da giorni prima chi delle sue amiche cucinerà e, dunque, su quale vassoio riparare. Dopo giunta al tavolo fa man bassa e riempie il suo bel piattino da portare al sicuro. Con la bocca piena ci suggerisce cosa prendere e se in quel momento eravamo distratti è lei che raggiunge il banchetto e pensa a fare le scorte per noi. Io a volte non mi avvicino nemmeno al buffet, ma vado dritta a mia madre che, accerchiata da un gruppo di fedeli signore, mi porge il panino col prosciutto dicendo: "Magna mamma, magna, è buono. Se non te lo mettevo da parte manco l'assaggiavi!". E se non mi va, poco male, lo regala al figlio dell'amica.
Perché mia madre sì che è FIGA!

venerdì 16 gennaio 2009

Segui il coniglio bianco....


Mi viene il latte alle ginocchia quando aprendo una rivista che amo, vedi Internazionale, mi imbatto in articoli no comment! Rispetto la testata, perché mi permette di leggere da casa i giornali del mondo tradotti nella mia lingua; mi piace perché è graficamente ben costruita; l'ammiro perché azzarda copertine uniche e rivoluzionarie; la compro perché da alla fotografia il ruolo che le compete: raccontare il mondo e lasciarci senza parole.
Ma confesso che l'articolo "Il miraggio della dolce vita" di Lisa Hilton pubblicato su The Spectator e ripubblicato su Internazionale n. 772 mi ha fatto venire un attacco di bile. Why?
La giornalista inglese scrive: "In Italia si vive male, la stampa è pessima, la tv è inguardabile e regna l'inefficenza".... Non ha tutti i torti, vero? Infatti all'inizio mi sono un pò vergognata del fatto che anche il mondo se ne fosse accorto. Proseguendo nella lettura mi sono accorta però di quanto fosse esasperato e acido il tono in cui la Hilton raccontava dei sui 3 anni trascorsi a Milano. Dulcis in fundo scrive: "Se volete farvi un'idea dell'Italia autentica, leggete Cristo si è fermato ad Eboli di Carlo Levi che vi racconta una cultura meridionale, brutale e primitiva tutt'ora esistente..." e aggiunge Gomorra e il libro Outlet Italia.
OKKKKKKKKKKKkkkkkkkkkkkkkkkkkkkkkkkkkkkkkkkkkkkkkkkkk. Va beneeeeeeeeeeeeeeeeee. Siamo un paese che zoppica, sommerso dai casini, che fatica a torvare una soluzione all'empasse che si è venuto a creare nei SECOLI. MA A TUTTO C'è UN LIMITE. Così da buona NAZIONALISTA del cavolo mi sono INCAxxATA!
1 - Partiamo dal titolo: IL MIRAGGIO DELLA DOLCE VITA. Solo una turista ingenua può venire in Italia nel 21 secolo e pensare di vivere la Dolce Vita. E poi? La Dolce Vita?! Possibile che nessuno le abbia spiegato che era puro marketing? Che volevamo i dollari dello zio Sam? Così la Hilton scrive ai suoi lettori inglesi che venire in Italia è una delusione. Non c'è più la Lambretta per le strade e il maschio preferisce guardare alla tv il culo delle brasiliane! Poveri inglesi... Un popolo così avanti. Come faranno a reggere il colpo?!
2. Per farci un'idea dell'Italia dovremmo leggere Cristo si è fermato ad Eboli? Ma che cavolo scrive?! Che per caso si è persa sull'appennino abbruzzese ed è stata raccattata da qualche pastore?
3. Cultura meridionale, brutale e primitiva?! Non nego ci sia un'IItalia così, ma è quella malata della mafia, della violenza, dell'ignoranza. Ma non è tutta l'Italia, e soprattutto da buona terrona che sono mi girano le balle si parli del meridione così. E poi lei non ha vissuto 3 anni a Milano o mi sbaglio?!
4. Raccontare l'Italia vivendo a Milano è un atto di grossa presunzione. L'Italia non è la città meneghina. Tra Milano e il resto del paese c'è un abisso esistenziale. Milano è un brand: una bella modella gnocca, vestita di tutto punto, col capello appena fatto dal parrucchiere, che se la fa con un manager straricco e allampadato con la lopecia, è strafatta di coca e annoiata, se ne frega di ciò che accade nel resto del mondo tanto ce l'ha solo lei e ongi tanto si ricorda di dare la mancia. L'Italia è piena di sfumature, di macro e di micro realtà tanto complesse che nemmeno 100 antropologi riuscirebbero a ridarne un'immagine unitaria. E questa qua? Viene a Milano, fa un giro alle 5 terre, visita qualche città d'arte, si fa spennare dai ristoratori (che fanno bene!), s'accatta la palla con la Madunnina innevata... e azzarda a parlare di ITALIA?
L'assenza di diplomazia della giornalista mette ancora più in evidenza la rabbia di aver perso qualcosa in questo nostro stivalone... Amore, lavoro, sogni? Boh. Ma al suo posto cercherei di scrivere in maniera più obiettiva o rischia di fare "pessima stampa". Inoltre volevo chiedere ai Lord inglesi delle delucidazioni sulla GRANDE cultura BRITISH:
Sbaglio a avete ancora la regina di cuori? La reginaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa?! Si, quella che ama più di tutto cavalli e cani... quella che si ciuccia il vostro stipendio per comprarsi i cappellini... Ok, con questo sono a postobasta mi fermo qua. Grazie.
AH dimenticavo: Se volete farvi un'idea dell'Inghilterra autentica, vi consiglio di leggere Le avventure di ALICE NEL PAESE DELLE MERAVIGLIE di Lewis Carroll

venerdì 9 gennaio 2009

Addio biondeeeeeeeee


Ho smesso di fumare. Si ce l'ho fatta! A dirla tutta sono 4 mesi che non accendo una sigaretta, ma solo ora sento di poter gridare al mondo che

- le dita gialle

- l'alito puzzolente

- la gola infiammata

- le pause fuori al gelo

- il "scusa hai da accendere"

- la cenere che cade sulla tastiera

- i denti gialli

- la caccia ai centesimi nelle giacche invernali per comprare un pacchetto

- il senso di colpa verso i polmoni

- la paura di invecchiare presto

sono solo un ricordo. Oggi sono libera ragazzi, e mi chiedo perché mai ho trovato nel fumo qualcosa di piacevole.

Finalmente posso:

- Sentire i profumi e (purtroppo) anche le puzze

- respirare a pieni polmoni

- pedalare senza affanno

- salire le scale a 2 a 2

- starmene al calduccio quando fuori fa freddo

- vedere un film senza aspettare con ansia il primo tempo o la pubblicità

- vedere sparpagliate per casa le monetine per il pane

- vedere il colorito sulla mia faccia

- prendere il caffe quando ne ho davvero voglia

- sporcare la tastiera con le briciole del panino


Come ho fatto? Qui la marchetta: ho letto un libro che mi ha aiutato a riflettere, a capire che a me fumare non serviva per essere felice. Il libro in questione è quello che trovate ovunque dal supermercato all'Autogrill: E' FACILE SMETTERE DI FUMARE SE SAI COME FARLO.

Provateci, vale la pena!

domenica 4 gennaio 2009

Milano non è città per ciclisti




Fatta la bicicletta, adesso bisogna fare i milanesi!
Vivere a Milano non è una passeggiata. O per lo meno, potrebbe esserlo: viali ampi ed alberati, marciapiedi spaziosi e ben curati, traffico contenuto (a parte le ore di punta, ma comunque sostenubile). In realtà la città è ISTERICA. Tutti sono frenetici ed infelici, la tensione è sempre alle stelle e si finisce per una freccia mancata a litigare con il prossimo.
Mi son chiesta spesso da cosa dipenda, ma non voglio azzardare ipotesi. Bisogna ancora osservarla, viverla davvero, masticarla e digerirla per capire i problemi che attanagliano questa società bella e ricca, tutta griffata ed ingrifata, abbronzata 12 mesi all'anno e dell'happy hour.
Quando sono arrivata a Milano ho respirato l'aria tossica di una città che ama salvare le apparenze. Mi è piaciuta. Sono convinta che i tabu aiutino le persone a darsi una controllata, ed io che mi sentivo un pò terrona del mondo, dopo l'eperienza in Venezuela, avvertivo l'irrefrenabile bisogno di essere bacchettata e ricondotta sulla via di una civiltà rigida e severa, ma di gran successo. Questa era la mia idea iniziale. Dopo tre mesi passati a zonzo sui tram ho iniziato ad invidiare chi la città la viveva su due ruote. Al diavolo la macchina! Siamo pazzi? Milano non ha parcheggi ed è piena di sensi unici, e poi c'è l'EcoPass. Gli automobilisti erano sempre incazzati e li vedevo brontolare nei loro Suv-Transatlantici. I ciclisti no. I ciclisti mi sembravano liberi e felici di zigzagare nel traffico.
Così dopo soli 3 mesi ho comprato la mia biciletta modello Graziella, con il cestino davanti e la catena per metterla in sicurezza. Ora, diciamocelo, chi non ha imparato da bambino ad andare in bicicletta? A parte pochissime eccezioni (quelli che avevano l'autista di papà) noi figli di proletari abbiamo usato le due ruote e pedalato fino allo sfinimento. Quindi tutti o quasi conoscono le regole:
- Regoli la sella. L'altezza deve essere tale da permetterti di poggiare le punte dei piedi a terra quando ti fermi.
- Monti e poggi il piede su uno dei pedali. Per i destri quello destro, per i mancini il sinistro.
- Stringi i freni per vedere se sono abbastanza duri.
- Dai un colpo di chiappe e vai!
- Volti alle curve.
- E freni quando sei arrivato.
Ma chi non ha mai pedalato a Milano, bensi tra i prati verdi della campagna, si accorge presto che non basta! Abituati alla libertà della natura, dove il rischio piu grosso che si corre è essere inseguito da un pastore abruzzese, in città si ritrova a lottare per la propria vita. Bisognerebbe conoscere il codice stradale del ciclista, il problema è che nessuno l'ha mai scritto! Ed è così che mi sono ritrovata davanti mille dubbi:
- posso passare sui marciapiedi?
- posso andare contro mano per strada? E sul marciapiedi?
- posso girare di notte senza le luci? E sul marciapiedi?
- se attraverso un semaforo rosso e dietro ho polizia o carabinieri o polizia municipale o guardia forestale o guradia di finanza o l'esercito, mi fanno la multa? Anche se sono sul marciapiedi?
- posso incatenare la bici al palo delle inidicazioni stradali o alla ringhiera del convento o al palo del semaforo o al guinzaglio di un rottweiller?
- se dietro ho un tram devo pedalare più forte o è meglio che mi butti ... sul marciapiede?
Dubbi irrisolti, ma come si dice? Paese che vai... Così ho iniziato a vedere come si comportavano gli altri ciclisti ed ho imparato da loro che pedalare è un diritto come condurre un auto o camminare. Eppure qualcosa non torna.
Io ogni volta che prendo la bici e mi riverso sulla strada mi sento in pericolo. Sento il fiato degli automobilisti sul collo: "L'auto sta arrivando. E' nera e grossa, non ce la fa a passare, la strada è troppo stretta. Ha fretta, lo sento. Il rombo del suo motore, ad un numero di cavalli imprecisato, tuona dal semaforo rosso. Ha voglia di farsi strada e lo farà. A nulla serve accellerare... Guardo il marciapiede: pieno di gente! Pedalo sempre più forte mentre immagino il tipo imprecare nella sua macchina coi finestrini oscurati. Mentre mi affano prego: speriamo che la strada si allarghi, speriamo che la strada si allarghi! Lui vorrebbe falciarmi, ma è costretto a condividerlo con me l'asfalto, perche' a Milano le pieste ciclabili sono un miraggio... Eppure appena mi passa a fianco, mi strombazza il clacson nelle orecchie ed urla il suo: Ma va a cagare, pirla, lavora e comprati una macchina! Oppure come la settimana scorsa che un tipo mi ha dato della puttana ed era pronto a fermarsi per mostrarmi tutta la sua potenza testosteronica".
All'inizio questa situazione mi mortificava, mi sentivo colpevole, ingombrante, fuori luogo. Oggi mi incazzo anch'io! A volte ho voglia di uscire di casa con una spranga nella borsa, così a quell'imbecille che mi strombazza gli rinnovo la carrozzeria: modello BUCCIA D'ARANCIA. Sà, va tanto di moda!
Milano ha scoperto la bici. Dappertutto ci sono cartelli che inneggiano al "nuovo" mezzo. Finalmente il Comune mette a disposizione un intero parco a due ruote per chi Milano vuole viverla in maniera diversa:
"Gli interessati possono ritirare la tessera ed affittare il mezzo nei diversi punti dislocati in città. Per le il giubbotto anti proiettili, le catene, il casco, le ginocchiere, l'airbag, le ruote con i raggi acuminati basta chiedere in portineria. Grazie."