giovedì 4 dicembre 2008

Pacchi, contropacchi e contropaccotti... Natalizi


Feste finite. Forse è meglio così. Le vacanze natalizie fanno male alla salute, del corpo e dell'anima; ci si riempie la vita di cibo e parenti! Sono i giorni della nevrosi collettiva, dell'ansia del rientro e i regali riusciti male. 
Devi stare con i tuoi parenti a pranzo e a cena. Anche chi è lontano torna, e tornano le tensioni mai risolte. Quei rancori vecchi come l'anno che sta per passare. Tutto ci infastidisce, tutto è eccessivo: i baci e gli abbracci, gli auguri (per cosa poi?), il freddo o il caldo, il cibo, il divertimento, lo spumante... 
Finalmente si torna alla normalità, ognuno per la sua strada. Abbiamo litigato abbastanza durante la cena della vigilia di Natale? No! E a quella di Capodanno? Nemmeno! Ebbene, prepariamoci a Pasqua. Eheheh
Scavo tra i ricordi dei Natali che furono e trovo cose belle, altre meno. 
Un anno fa, lavoravo per un'agenzia di stampa. Mi sono sempre chiesta come mai pur presentandomi come giornalista il direttore mi avesse affidato il marketing. Chissà cosa gli frullava nel cervello, fatto sta che accettai di buon grado visto che avevo bisogno di lavorare.


Personaggio davvero insolito, il direttore. Pieno di tic nervosi e tanta forfora in testa. Aveva la faccia di quello che a scuola le prendeva da tutti, quello che si sottomette agli spavaldi, che passa i compiti di matematica e sogna di uccidere tutti, un giorno o l'altro. Pur essendo un giornalista mediocre, era stato baciato dalla fortuna e grazie ad un bel pò di soldi (è proprio il caso di dire piovuti dal cielo) era riuscito a metter su un'agenzia di stampa.
La sua avidità non aveva limiti. Se avesse potuto risparmiare anche l'aria, beh di sicuro lo avrebbe fatto. Passava le giornate in redazione consumando le suole delle scarpe sulla moquette dell'ufficio. Vederlo arrivare in stanza era di una tristezza... La parlantina veloce e le domande invadenti me lo rendevano particolarmente antipatico.

L'agenzia comunque andava piuttosto bene. Nonostante gli sforzi non riuscivo a conquistare i clienti, ma non mi licenziavano piuttosto preferivano lasciarmi in uno stato di totale abbandono: come se non esistessi, come se fossi trasparente. La redazione mi ignorava e il direttore non chiedeva più di me. L'unica amica che avevo era la segretaria, una ragazza bella e dolce che sopportava le mie crisi esistenziali.

Alcune settimane prima del Natale iniziò l'accumulo dei pacchi regalo. Per chi non lo sapesse in quei giorni migliaia di fattorini e pony express schizzano da una parte all'altra della città trasportando decine e decine di pacchi che aziende, enti, privati ecc ecc si scambiano come "pensieri" gentili tra loro. In realtà sono marchette eclatanti, leccate di popi mostruose. Chi le invia fa il figo, chi le riceve non aspetta altro. La redazione dell'agenzia non faceva eccezione.
Salami e olio dalla Regione, caciotte e lenticchie dalla Provincia, dal Comune lo zampone e dalla Camera di Commercio frutta esotica. Eppoi fiumi e fiumi di vino dalla compagnia di energia, dal giornale di destra e quello di sinistra (perché le agenzie sono per la marchetta-parcondicio); e ancora agende, calendari, biscottini, lampade, orologi, dvd, libri di cucina, quadri. Il direttore e i giornalisti si fiondavano al citofono ad ogni GNEEEEEEEE. Firmavano con nochalange e poi, chiusa la porta, si buttavano avidamente sui pacchi.

Taccagni! Che lusso! Anvedi! Che schifo! Che pezzenti! Che buono! Cosa ci faccio? Un altro? Non sempre il dono eli faceva felici. Il direttore, essere spregevole, era il più avido di tutti. Si era portato in ufficio il suo cesto gonfio di leccornie. Imrovvisamente io e la segretaria lo vediamo tornare con un sorriso beffardo e con la generosità di un usuario ci allunga due buste di biscottini. Il mio per lo meno era chiuso, quello della segretaria era, invece, aperto. Eh si, il cafone aveva assaggiato i bocconcini, e visto che non erano di suo gradimento glieli aveva "regalati".
Un giorno che tutti erano a pausa pranzo, la vendetta citofonò e aveva la voce di un fattorino. Una cassa piena di champagne! Io e la segretaria ci guardammo negli occhi. Pochi istanti dopo le bottiglie erano sparite. Fu un Natale con tante, tante bollicine quello lì... Hip, hip, hip

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